La Legge del più forte
rubrica mensile a cura di Luca Picotti
È stata pubblicata di recente una sentenza in materia di Golden Power piuttosto interessante. Come noto, la giurisprudenza in tema è ancora poco sviluppata, considerata la giovane età della normativa, l’utilizzo parsimonioso dei poteri speciali e l’aleatorietà della impugnazione del provvedimento. Ciononostante, dalle poche pronunce occorse si evince come i magistrati del Tar e del Consiglio di Stato tendano a ricondurre il provvedimento governativo alla categoria degli atti di alta amministrazione, come tali sindacabili nei ristretti limiti della sussistenza di una manifesta illogicità delle decisioni assunte. In sostanza, i giudici riconoscono l’ampia discrezionalità della politica e non è un caso che ad oggi l’unico annullamento si sia verificato per ragioni procedurali, non di merito (caso Retelit). La sentenza in commento si inserisce in questo filone giurisprudenziale, aggiungendo diversi spunti degni di nota.
In data 27 luglio 2023, il governo ha esercitato i poteri speciali sotto forma di specifiche condizioni nei confronti della società finanziaria Cedacri S.p.a., appartenente al gruppo Ion di Pignataro, realtà imprenditoriale che negli ultimi anni sta portando avanti politiche di acquisizioni molto aggressive con facile ricorso al debito. Tra le varie operazioni di Ion, vi è stata peraltro di recente l’acquisizione di Prelios, ove il governo ha deciso alla fine di avallare l’operazione limitandosi solo ad alcune raccomandazioni (tra i profili maggiormente monitorati, spicca sempre il tema del debito).
Nel caso di Cedacri S.p.a., si trattava di una delibera di emissione di obbligazioni, per un valore di 275 milioni di euro, finalizzata alla distribuzione di dividendi straordinari, con estensione di alcuni pegni su azioni e conti della società a garanzia delle obbligazioni (pegni già vagliati in precedenza dalla Presidenza del Consiglio nell’operazione che ha visto Cedacri entrare nel gruppo Ion). Nonostante gli atti costitutivi dei pegni fossero stati redatti con una clausola di conformità alla normativa d.l. 21/2012, il Governo è comunque intervenuto con alcune prescrizioni e, in particolare, imponendo alla società di utilizzare il prestito obbligazionario per effettuare gli investimenti previsti dal piano industriale, con relazione trimestrale all’Amministrazione sullo stato di implementazione dello stesso.
La ricorrente ha lamentato l’inapplicabilità della normativa per ragioni soggettive e oggettive, oltre che vizi di illogicità, carenza di potere e proporzionalità. Le censure sono state tutte rigettate dal Tar, con argomentazioni a tratti emblematiche che si esaminerà in breve.
Cedacri è una società specializzata nella fornitura di soluzioni software e servizi di outsourcing informatico per il mercato bancario. Sul fronte soggettivo, il combinato disposto con cui il Tar ha ritenuto strategici gli attivi della società è composto dal settore finanziario da un lato, dalle tecnologiche critiche dall’altro, così come individuate dall’art. 8, comma 1, lett. b) n. 4 del d.P.R. n. 179/2020 e quindi “sviluppo di software per la protezione dei dati relativi alla persona, alla negoziazione e allo scambio di dati e prodotti, nonché alla gestione documentale nell’ambito della gestione delle attività finanziarie”.
Sul fronte oggettivo, l’operazione in questione concerne l’estensione dei pegni sulle azioni e i conti. In merito, la ricorrente, oltre a evidenziare che si trattava di garanzie già vagliate in precedenza, sottolinea come qui non sussista alcuna “delibera, atto o operazione che abbia per effetto modifiche della titolarità, del controllo e della disponibilità degli attivi”, specie in considerazione del fatto che tali pegni erano privi del diritto di voto.
In merito, il Tar, esprimendosi sull’annosa questione circa il momento della notifica in caso di pegno, se alla sua costituzione o alla sua assegnazione, evidenzia che a rilevare non è solo l’assegnazione, bensì già la costituzione, in quanto nel momento dell’assegnazione vi è già lo spossessamento, con l’effetto di rendere tardiva la tutela degli interessi strategici. Inoltre, non è dirimente che i pegni in questione non avessero diritto di voto, in quanto, prosegue il Tar, vi sono altre prerogative che il creditore pignoratizio può esercitare, come l’azione di responsabilità, l’impugnazione di delibere assembleari o la revoca cautelare dell’amministrazione.
Emblematico è poi il passaggio in cui si giustifica e difende la necessaria genericità della normativa, ben evidente nelle espressioni dell’art. 2 co. 2 sulla modifica del controllo e della titolarità degli attivi. Tali espressioni, afferma il Tar, vanno “interpretate alla luce della finalità della disciplina in esame” ed “evidenziano, nella loro genericità e ampiezza, l’esigenza di monitorare, in ottica preventiva, ogni operazione in grado di incidere sugli attivi individuati come strategici, senza incentrarsi sullo strumento giuridico concretamente utilizzato (piena proprietà o diritto reale di godimento o di garanzia), ma avendo di mira l’effetto concreto della stessa in termini di potenziale incidenza sul contratto della società e dei suoi asset”. Da qui, continua il Tribunale amministrativo, seppure i poteri del golden power siano disegnati come “eccezionali,”, “la finalità della predisposizione degli stessi è preventiva, sicché ridurne la portata unicamente alle operazioni effettivamente traslative ne vanificherebbe l’efficacia”.
Infine, i giudici si pronunciano su una delle censure più interessanti: l’assenza di proporzionalità della prescrizione di utilizzare il prestito per implementare il piano industriale e non per distribuire dividendi. L’interpretazione del Tar, nel tentativo di dare ragione al governo, è che non si tratta di una limitazione dell’attività economica, perché la ratio stessa dei prestiti obbligazionari è quella di finanziare l’attività di impresa, in conformità con il suo oggetto, e dunque chiedere di effettuare gli investimenti del piano industriale non sarebbe una pretesa eccessiva. “Semmai” – questo è un passaggio emblematico – “sembra contrastare con una ragionevole gestione della società la stipula di finanziamenti con concessione di garanzie al fine di addivenire alla distribuzione di utili anche in assenza di ricavi”. Questo, in ragione del fatto che “l’Amministrazione ha inteso stigmatizzare il fatto che Cedacri, pur coinvolta in un’operazione di leverage buyout e, quindi, con notevole debito post acquisizione e fusione della società con Mergerco, in un ridotto arco temporale abbia aumentato il proprio indebitamento, nell’ultima fase solo al fine di poter distribuire ingenti dividendi alla proprietà azionaria”.
Nel complesso, quale lezioni trarre?
1) Ci troviamo innanzitutto di fronte ad un livello di ingerenza a tratti inedito: il Governo, censurando l’opacità delle operazioni a debito del Gruppo, impone di utilizzare il prestito per attuare il piano industriale e non distribuire dividendi. Più che sulla strategicità effettiva degli attivi, o la pericolosità in termini politici dell’investitore-proprietario, il tema centrale è il monitoraggio della aggressiva politica a debito di Pignataro. Si entra così nel delicato tema della sindacabilità della gestione sociale, esorbitando, in parte, dai tradizionali elementi valutati in materia di Golden Power, nella cornice di un paternalismo dirigista veicolato tramite le specifiche condizioni dei poteri speciali, con il Tar che nel dare ragione all’Amministrazione suggerisce quasi, indirettamente, come si deve gestire una società.
2) Al netto della ragione fondamentale dell’intervento governativo, ossia la stigmatizzazione della gestione a debito, la strategicità è in ogni caso individuata nelle tecnologie critiche. Altro caso che conferma quanto si è scritto in questa rubrica, vale a dire che, anche a prescindere dai settori stessi, la trasversalità delle tecnologie detenute sarà un elemento centrale nell’utilizzo dei poteri speciali.
3) Dopodiché, la sentenza prende posizione, in maniera abbastanza netta, sulla notifica (e rilevanza) del pegno: già la sola costituzione, con la sua astratta idoneità a incidere sul controllo e la disponibilità degli attivi, risulta rilevante ai fini della disciplina, in quanto con l’assegnazione avviene già lo spossessamento e gli effetti che si vorrebbe anticipare.
4) Infine, sulla scia della giurisprudenza sul Golden Power, si ribadisce la necessaria genericità della norma, valorizzando le interpretazioni teleologiche e la capacità di coprire non una singola operazione specifica, ma ogni operazione che porti ad un determinato risultato. Lettura sostanziale e non formale, che evidenzia l’intrinseca politicità della disciplina.