
La Legge del più forte
rubrica mensile a cura di Luca Picotti
- Premessa.
L’ipotesi di un contratto governativo del valore di 1,5 miliardi con SpaceX ai fini dell’utilizzo, da parte degli apparati di sicurezza italiani, della costellazione a bassa orbita di Starlink per le comunicazioni sicure, ha sollevato un acceso dibattito: tra i diversi temi emersi, l’opportunità di affidare ad un soggetto extra-Ue, da molti reputato inaffidabile, il controllo delle comunicazioni governative; le problematiche di eventuali affidamenti senza gara; l’esistenza o meno di alternative domestiche o comunque comunitarie; l’attivazione di strumenti a tutela degli asset strategici come il Golden Power.
- Golden Power e servizi in orbita.
Innanzitutto, ha senso parlare di Golden Power, anche nell’ottica di un suo potenziamento per coprire i satelliti ad orbita bassa (LEO), in questo contesto? A ben vedere, la normativa già contempla, tra gli attivi strategici tutelati, il settore aerospaziale, sia nella sua dimensione commerciale che militare e sia direttamente che indirettamente. All’art. 10 del dpcm 179/2020, si menziona, in via diretta, i beni e rapporti nei settori delle infrastrutture e delle tecnologie aerospaziali non militari, individuati nelle “tecnologie e le infrastrutture critiche funzionali alla progettazione, allo sviluppo, alla realizzazione e alla fornitura di prodotti e servizi spaziali e aerospaziali e delle correlate soluzioni applicative”. All’art. 1 del dpr 108/2014, si fa riferimento in via indiretta a tutto quanto concerne la tutela delle informazioni classificate (lett. a. n. 4) e in via diretta ai “sistemi satellitari militari ad elevate prestazioni e protezione, sia nella componente terrestre sia in quella spaziale (inclusa l’attività gestionale dei relativi servizi), per l’osservazione terrestre (ottica, radar e multispettrale) e per le comunicazioni” (lett. b. n. 2). Lo stesso all’art. 2, lett. e), ove si parla di “sistemi informativi e di comunicazione, anche satellitari, di raccolta, classificazione e di gestione di informazioni e di dati sviluppati e utilizzati per le attività di difesa civile”.
Il punto focale concerne però la prospettiva. I poteri speciali non si estendono verso l’esterno, ma sono posti a tutela delle società italiane che dispongono di queste tecnologie aerospaziali, ad esempio impedendo che vengano acquisite da soggetti stranieri o che deliberino il trasferimento dei propri asset all’estero. Lo strumento copre le società italiane, da Leonardo S.p.a. ad Avio S.p.a., che posseggono attivi strategici nel settore aerospaziale: la premessa è proprio che vi siano società domestiche con tali patrimoni tecnologici.
Il Golden Power non rileva, invece, in ipotesi in cui è lo stesso governo italiano ad affidarsi a soggetti esteri (perché solo questi dispongono di certe tecnologie e know-how), stipulando un contratto per ottenere determinati servizi. Non avrebbe alcun senso che, ad esempio, il Ministero della Difesa stipuli il contratto con SpaceX e poi lo notifichi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per una istruttoria che verrebbe affidata al Ministero della Difesa stesso. Eventuali clausole a tutela della sicurezza nazionale sarebbero già negoziate in sede di contratto di servizio. Se accettate dalla controparte, porterebbero al perfezionamento del contratto; se non accettate, di certo non potrebbero rientrare dalla finestra tramite condizioni golden power, dal momento che il fornitore del servizio, che già in sede di negoziazione non aveva accettato di concludere il contratto se non venivano espunte certe condizioni, parimenti non lo firmerà – ad es. tramite condizione risolutiva – se dovesse essergli applicato il Golden Power. In sostanza, non siamo nell’ambito dei poteri speciali, non solo per l’impossibilità, in ogni caso, di enforcement, stante l’assenza di infrastrutture nel territorio domestico, ma proprio perché non vi sono imprese italiane da proteggere ma servizi che il governo vorrebbe ottenere da soggetti terzi.
- Appalto, concessione e gara.
In quale fattispecie ci troveremmo, invece? Ad occhio, l’ipotesi di accordo con Starlink sembra rientrare nello schema dell’appalto governativo di un servizio sensibile localizzato in orbita, che appare più pertinente della figura della concessione di servizio, atteso che nel primo caso il fornitore offre il servizio all’amministrazione e da questa viene remunerato, nel secondo caso invece il concessionario trae guadagni dalla utenza a cui si riferisce il servizio in concessione, con l’amministrazione che trasla il proprio rischio economico sul privato. Ad ogni modo, la riconducibilità a tali fattispecie – a parere di chi scrive, un appalto di servizio verso corrispettivo di 1.5 miliardi – ha sollevato il tema della gara concorrenziale. Molti si sono chiesti se può esserci un affidamento diretto ad un soggetto, SpaceX, in assenza di gara. Le ragioni per ritenere il passaggio per la gara superabile sono almeno due: da un lato, trattandosi di appalto nel settore della difesa, già non si applica il codice dei contratti pubblici del 2016, così come novellato nel 2023, ma ad operare in via speciale è il d.lgs. 208/2011 che, a sua volta, prevede alcune ipotesi in cui, per ragioni di sicurezza nazionale, si può evitare la gara per procedere invece con negoziazioni e affidamenti diretti; dall’altro, il principio di gara presuppone una effettiva concorrenzialità, che non sussiste invece quando il servizio offerto è unico e non replicabile, in quanto in tali casi la gara risulterebbe inutile (la primazia a livello qualitativo e quantitativo di Starlink potrebbe indurre a ritenere, ma è da verificare, che, ad oggi, rappresenti un servizio unico nel suo genere).
- Tra Starlink, Iris, Eutelsat e il tema delle infrastrutture sovrane.
Individuati i termini del discorso e ricondotta la figura dell’ipotetico accordo in un appalto di servizio in cui le eventuali tutele per la sicurezza nazionale possono essere negoziate solo in fase contrattuale, sono molti a covare dubbi sull’opportunità di appaltare le comunicazioni governative ad un soggetto extra-europeo la cui affidabilità è quantomeno discutibile. L’invito è quello di guardare alle alternative europee, da Iris ad Eutelsat. Sul punto, vanno sottolineati due aspetti. In primo luogo, è chiaro che in termini di tempi, costi e qualità, il servizio offerto da Starlink è nettamente superiore alle alternative. In secondo luogo, l’affidabilità di Musk non è tanto compromessa a livello commerciale – il singolo caso citato, quello dell’interruzione di Starlink in Ucraina, concerne un servizio comunque offerto in origine gratuitamente e senza contratti con penali e responsabilità – quanto a livello comunicativo e reputazionale: in servizi localizzati in orbita nei quali a contare è più la fiducia e l’affidabilità che le garanzie giuridiche, l’inutile e gratuito attivismo politico, in tandem con un presidente che verso gli alleati europei non perde occasione di mostrare un controproducente bullismo, rischia di compromettere commesse future. Non magari nel mercato commerciale, ma in quel segmento delle comunicazioni governative che fino a qualche mese fa i membri della Nato potevano gestire assieme all’alleato americano e ai suoi campioni come Space X nella cornice di un blocco unico. Ovviamente è tutto ancora in gioco, ma non mi stupirei che certi atteggiamenti, sebbene non già concretizzatisi in inaffidabilità contrattuale, siano sufficienti a stimolare investimenti nelle alternative e l’affidamento quantomeno di singoli servizi, quelli più sensibili, ad operatori europei.
Segue in ogni caso la domanda: ma come si declina la sovranità delle infrastrutture satellitari? Intanto, è curioso che si discuta di infrastruttura sovrana in uno spazio, quello cosmico, che per definizione è a-sovrano. In realtà, la sovranità non deve intendersi tanto sulla infrastruttura localizzata nello spazio a-sovrano, quanto sulla società che la gestisce e ha in dote le tecnologie. La sovranità europea si declinerebbe, pertanto, nel fatto che la società abbia la sede e l’headquarter operativo in uno Stato membro, così da essere sottoposta alle sue leggi, alle sue autorità politiche e amministrative. A sua volta, la sovranità nazionale, per quanto concerne ad esempio servizi di comunicazioni governative, sarebbe garantita dalla gestione degli stessi e delle relative infrastrutture da parte di società domestiche. Da questo punto di vista, nella grande sfida delle comunicazioni satellitari, dominio ad oggi di Starlink, l’equilibrio tra mercato e sovranità, effettive capacità tecniche e sicurezza, si giocherà soprattutto su: fiducia e affidabilità; solide alleanze; investimenti e auspicabili co-partecipazioni nei servizi di soggetti italiani, dalla suddivisione delle fasi (lancio; gestione infrastruttura; cifratura) alla formazione di nuove joint venture o consorzi.