
La Legge del più forte
rubrica mensile a cura di Luca Picotti
La letteratura sul controllo degli investimenti esteri, e in particolare sul Golden Power italiano e la sua espansione negli ultimi anni, ha coniato diverse suggestive etichette per intercettare la nuova postura dello Stato in relazione all’emergere di tale strumento come parte strutturale delle dinamiche di mercato: tra gli altri, Stato stratega (Garofoli), Stato doganiere (Napolitano), Stato supervisore (Sacco Ginevri), Stato vigilante (Scarchillo). Trattasi di etichette che mettono in luce il nuovo ruolo dello Stato in un contesto profondamente mutato, a indicare così i recenti cambi di paradigma rispetto al dibattito sul passaggio dallo Stato imprenditore a quello regolatore negli anni Novanta.
L’immagine offerta è quella di uno Stato che decide chi e cosa entra nel territorio nazionale, come la polizia doganale, potendo vietare o condizionare gli investimenti stranieri nelle società italiane strategiche, grazie a poteri speciali riconducibili, per l’appunto, al concetto di foreign direct investment screening. Questa, quantomeno in parte, era l’idea originaria del 2012.
Lo strumento del Golden Power così come cristallizzatosi oggi, a seguito di una progressiva estensione, soggettiva e oggettiva, nonché di una prassi ormai decennale, è però ormai qualcosa di diverso e ulteriore rispetto al tradizionale controllo sugli investimenti esteri. Non siamo più nell’ambito dello Stato doganiere o stratega. A parere di chi scrive, siamo entrati nella dimensione dello Stato Panottico.
1) Innanzitutto, come si è già argomentato in questa rubrica, il Golden Power sin dalle origini ha avuto una duplice anima: da un lato, ha rappresentato il classico foreign direct investment screening, intercettando le operazioni di investimenti stranieri consistenti nell’acquisizione di partecipazioni di controllo in società italiane strategiche; dall’altro, ha parallelamente coltivato una dimensione, già al tempo curiosa, non focalizzata sull’investimento estero, bensì incentrata sulle operazioni endosocietarie delle imprese italiane strategiche, anche qualora già controllate da un soggetto estero. Trattasi dell’art. 2 co. 2 del d.l. 21/2012 (oppure, in forma analoga, dell’art. 1, co. 1, lett. b), foriero di problematiche interpretative, che ha rilevato in diverse operazioni dibattute, da Tim (2017) a Pirelli (2023) a Cedacri (2023) e potrebbe rilevare in una delle più delicate operazioni del 2025, la joint venture Generali-Natixis, i cui accordi sembrano riconducibili, ad occhio, proprio all’art. 2 co. 2. Insomma, una valorizzazione delle operazioni endosocietarie che permette un controllo continuato, a posteriori, con una prospettiva sulle società italiane strategiche che prescinde dall’investimento estero.
2) Dopodiché, la cristallizzazione, a partire da gennaio 2023, della disciplina emergenziale introdotta in via transitoria nel 2020 e più volte prorogata, ha fatto sì che oggi il Golden Power rappresenti uno strumento di controllo non circoscrivibile all’investimento straniero. Non c’è più un confine doganale, tale da segnare il fuori (l’investitore extra-Ue) e il dentro (la società strategica italiana), in quanto in diversi settori ormai l’investitore straniero è anche quello europeo e, addirittura, italiano. In altre parole, si svuota, in parte, il concetto di foreign investment. Dal 2023, oltre ai settori della difesa e della sicurezza nazionale, in cui sin dal 2012 andava notificata ogni operazione, pure con controparti italiane, il raggio di controllo onnicomprensivo dei poteri speciali si è esteso anche ai settori delle comunicazioni, trasporti, energia, finanziario, agroalimentare e salute. In tali settori il Golden Power è, infatti, applicabile pure nei confronti di soggetti appartenenti all’Unione europea, ivi inclusi, per evitare frizioni con il diritto comunitario e il divieto di discriminazione, quelli residenti in Italia. Ciò significa che in ben otto settori vanno comunicate alla Presidenza del Consiglio operazioni intra-europee e anche solo domestiche. Il che testimonia come il Golden Power sia ormai qualcosa ben al di là del concetto di foreign direct investment screening. Aspetto che è stato di recente notato nelle varie operazioni che stanno interessando il settore bancario (finanziario), a partire dall’offerta pubblica di scambio lanciata dalla (italiana) Unicredit sull’(italiano) Banco Bpm. Sino al paradosso di vedere la Monte dei Paschi di Siena, peraltro ancora partecipata dal MEF all’11.7%, effettuare la notifica Golden Power in relazione all’offerta pubblica di scambio su Mediobanca. Tale dossier squisitamente domestico, come quello di Unicredit-Banco Bpm, o ancora quello di Bper-Popolare di Sondrio, finirà pertanto nella scrivania dello Stato Panottico.
3) Nelle scrivanie della Presidenza del Consiglio si sta accumulando, a partire dal 2020, un patrimonio informativo non irrilevante su tutti i fatti del mercato. 342 notifiche nel 2020, 496 nel 2021, 608 nel 2022, 727 nel 2023 (577 notifiche e 150 pre-notifiche), record, quest’ultimo, che sarà raggiunto se non superato anche nel 2024 secondo le stime. L’elemento principale, preponderante, è anzitutto questo flusso di notifiche, ossia di informazioni. Centinaia di operazioni nel mercato, tra acquisizioni, delibere societarie, licenze d’uso di tecnologie, accordi di collaborazione, poste in essere da imprese grandi ma anche medio-piccole, lungo tutto il territorio, finiscono sotto lo sguardo del governo. Peraltro, non si tratta di semplici comunicazioni: va descritta in modo esaustivo l’operazione e debbono esserci tutti i dati identificativi delle parti, le attività economiche svolte e il codice NACE, gli Stati in cui si opera e la eventuale presenza di sedi secondarie, il fatturato, il numero di dipendenti, la piramide societaria fino all’ultimate beneficial owner, il valore dell’operazione, altre autorizzazioni, eventuali finanziamenti. Un ricco patrimonio informativo che riguarda ormai tra le 600 e le 700 operazioni annuali notificate, che non concernono solo le grandi operazioni miliardarie note al pubblico, ma vanno invece spesso a intercettare realtà piccole, che fatturano pochi milioni, che però hanno magari in dote qualche tecnologia rilevante, oppure no; nicchie, distretti, mercati e attori che altrimenti il governo probabilmente a malapena conoscerebbe. Da qui, l’elemento centrale del Golden Power, a segnare la nuova e diversa postura dello Stato: il flusso di informazioni, la conoscenza e lo sguardo su centinaia di operazioni di mercato ogni anno.
4) L’utilizzo parsimonioso dei poteri speciali, che si è attestato negli ultimi anni su un numero che va dalle venti alle trenta operazioni, con un uso preponderante delle condizioni, mentre i veti si riducono a 3 all’anno dal 2021 al 2023 e 2 nel 2024, suggerisce come la portata dello strumento debba essere letta nel suo complesso, al di là dell’intervento concreto. Questo significa valorizzare, oltre agli esercizi dei poteri veri e propri (comunque non trascurabili), anche le notifiche (come patrimonio informativo) e gli effetti, non tangibili ma percepibili, della mera esistenza dello strumento stesso. La sola presenza della normativa, così come cristallizzatasi, e l’esperienza decennale di applicazione, fa sì che gli operatori ormai ne conoscano, in parte, la portata. Ciò influisce, inevitabilmente, sull’idea stessa, da parte di un “certo” investitore, di lanciare un “certo” investimento, su una “certa” impresa, così come per una “certa” società deliberare una “certa” operazione. Ancora, influisce, qualora si voglia procedere con una “certa” operazione, sulla modulazione stessa dei contratti e degli accordi, sì da provare a renderla già preliminarmente confacente alle possibili cautele che il governo potrebbe sollevare. Dopodiché, la semplice necessità di notificare l’operazione e la successiva istruttoria di quarantacinque giorni, pongono gli operatori in una situazione di incertezza, in cui, anche qualora si sia abbastanza certi dell’esito positivo, ci si trova in una condizione di osservati speciali che suggerisce cautela e spirito collaborativo. Infine, l’estensione raggiunta negli ultimi anni, sia soggettiva che oggettiva, consente di utilizzare lo strumento, in quanto di fatto astrattamente applicabile ad una mole consistente di operazioni, semplicemente come leva, finanche minaccia, termometro di ostilità politica o meno – con usi e abusi, a livello comunicativo, in primis da parte del governo, poi pure in taluni casi da parte di sindacati, azionisti di minoranza e altri stakeholder. Perché, semplicemente, lo strumento c’è ed è sul piano normativo piuttosto esteso.
Questi quattro profili indicano come il Golden Power sia diventato qualcosa di diverso e ulteriore rispetto al tradizionale foreign direct investment screening: ormai parte integrante delle dinamiche societarie italiane, si è trasformato nello strumento di uno Stato Panottico, che vede tutto e il cui sguardo, anche laddove non esplicitato, si percepisce in ogni operazione di mercato.